Stat sua cuique dies
(Virgilio, Eneide X, 467)
La memoria dell’Uomo si nutre di oggetti: le foto ricordo che immortalano momenti speciali, i manufatti artigianali tipici dei luoghi visitati durante un viaggio, i regali che suggellano ricorrenze, i quaderni o i giochi d’infanzia dei propri figli… tutte cose che chiunque di noi conserva, colleziona e che sono in grado di rinverdire i ricordi consentendoci di mantenere – per così dire – presenti e vive, almeno in parte, le nostre più significative esperienze passate.
Analogamente, l’arte di Marco Angelini si alimenta di oggetti: oggetti di uso comune, che hanno assolto da tempo la loro funzione primigenia, e che l’artista recupera sia per la loro valenza estetica (a volte assolutamente indipendente dall’utilizzo per il quale erano stati creati), sia per il carico di significato ad essi intrinseco, peraltro non sempre immediatamente intuibile al primo sguardo.
Nell’incastonare tali prodotti all’interno delle proprie opere, Angelini assolve una duplice funzione: dona ad essi una nuova vita e una rinnovata dignità, trovando in questo illustri predecessori nella storia dell’Arte (Duchamp, Burri, Manzoni, gli esponenti del Nouveau Réalisme come Arman e Spoerri, Mimmo Rotella…), ma non solo. Infatti egli, sociologo di formazione, studia e sceglie gli oggetti anche per il peculiare rapporto che essi hanno con il Tempo, inteso come “un costante divenire, – spiega l’artista – una trasformazione incessante da ciò che era a ciò che sarà, passando per l’attuale, il presente”. In questa ricerca, di matrice esperienziale, è evidente il ruolo primario giocato dalla memoria, che è capace di catturare e tramandare le “tracce di passato” affinché divengano testimonianza tangibile di ciò che è stato, anche a beneficio delle generazioni future.
In questo solco si inserisce perfettamente la mostra dal titolo ‘A ciascuno il suo giorno’, ispirata alla storia di un’eccellenza industriale italiana del secolo scorso, l’azienda Longo S.p.A.. Si trattava di una delle maggiori realtà produttive d’Europa nel settore di inchiostri, articoli per l’ufficio e per le belle arti, con sede a Predosa (Bologna), e venne portata all’apice delle sue potenzialità da Giorgio Longo (1909 – 1973), il quale fu anche collezionista d’arte e appassionato cultore di letteratura, musica e teatro.
In 14 tele di diversi formati, realizzate con tecnica mista nel corso di quest’anno, Marco Angelini ripercorre idealmente la vicenda e la filosofia dell’azienda Longo grazie all’utilizzo di prodotti originali della fabbrica di cancelleria – datati tra gli anni ’30 e gli anni ’50 – e di foto tratte dai cataloghi di vendita dell’epoca, il tutto inserito sapientemente sulla superficie pittorica e inglobato con naturalezza nel contesto dell’opera. Ne scaturisce un corpus artis insolito ed originale, che mescola sapore rétro e contemporaneità, nella dialettica studiata e manifesta tra i vari oggetti, quasi tutti perfettamente riconoscibili nella loro identità funzionale, e la forma astratta che li colloca in una dimensione inedita, moltiplicandone le potenzialità semasiologiche.
Gomme da cancellare di vario formato (incluse quelle esagonali per eliminare i tratti di penna), pastelli a cera, cuscinetti di inchiostro per timbri, righelli e squadre, persino l’ormai obsoleta carta-carbone che serviva a replicare in più copie i documenti, diventano protagonisti di opere che – testimoniando la vasta produzione della Longo S.p.A., di cui esibiscono il marchio e spesso anche le suggestive denominazioni (ad esempio la gomma da cancellare “Vicky”, a cui fu dato il diminutivo di Vittoria, moglie del presidente Giorgio Longo) – si fanno portatrici di un messaggio più universale: quello dello scorrere inesorabile del tempo e del cambiamento degli usi e dei costumi della nostra società nell’ultimo secolo di storia, dovuto in gran parte alla rapida e prevaricante evoluzione della tecnologia. Le tele di Angelini, la cui superficie spaziale è scandita da geometriche alternanze di colore e di materiali in un gioco di ragionate simmetrie, appaiono dunque come “espositori”, “vetrine” di una serie selezionata di reliquie laiche – gli articoli di cancelleria, appunto – che celebrano la quotidianità rassicurante e operosa di un recente passato, più in concreto di quell’Italia del boom economico del secondo Dopoguerra in cui l’azienda guidata dalla quinta generazione della dinastia Longo divenne leader indiscussa del settore.
L’artista non si limita tuttavia ad un’operazione asettica di recupero della memoria e di riutilizzo di vecchi prodotti di magazzino, ma al contrario si compiace nel riscoprire in quel mondo vintage una carica comunicativa del tutto peculiare, sublimandola in rapporto con l’espressività artistica che gli è propria. Privilegia sfondi prevalentemente monocromi o bicromi, con tinte accese e quasi “pop”; si cimenta in un’accurata ripartizione degli spazi, che diventano di volta in volta scacchiere, circuiti o labirinti (‘Circus Longo’ o ‘La scatola delle meraviglie’ su tutti); gioca in alcuni casi con la serialità dell’oggetto (come nelle opere ‘I segni del tempo’ o ‘Plasticrom Longo’), in altri con la sua fisicità (‘Gomma arabica’), in altri ancora con il messaggio di cui è portatore (‘Longo Sub’).
Significative, in particolare, due opere: ‘Logo Longo’, in cui Angelini reinterpreta ed esalta alla propria maniera il marchio dell’azienda, che si scompone nelle macro-lettere dislocate agli angoli e al centro della tela (delimitate da celle su sfondo giallo) per addensarsi allo stesso tempo in una miriade di piccoli loghi uguali e ripetuti, a restituirne il significato compiuto; e ‘Ex Libris. La misura del tempo’, che vede protagonisti sulla tela gli ex-libris (le etichette da apporre sui libri per indicarne il proprietario) appartenuti a Giorgio Longo, piccole opere d’arte esse stesse – su cui l’artista imprime il proprio segno distintivo – recanti il motto Stat sua cuique dies, da cui il titolo della presente mostra.
A ciascuno (è dato) il suo giorno, ma all’Arte è affidato il compito di “ridonare visibilità alle cose, generare attenzione e creare così nuove possibilità di condivisione, comunicazione e interrogazione” (Marco Angelini).
Raffaella Salato
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