Rhizomes
È della fine dell’800 l’epopea della “piccola Napoli”, il quartiere marsigliese dove si stabilirono i migranti giunti dalle falde del Vesuvio. Oggi ne restano solo pallide ombre, ma diversi studiosi ne hanno evidenziato il cruciale apporto umano, culturale ed economico che ne derivò. Il noto storico Pierre Milza, egli stesso di padre italiano, scrisse: “Città italiana da sempre, la metropoli focea è stata fino al 1914 la capitale dell’immigrazione transalpina in Francia. All’epoca, sui circa cinquecentomila abitanti della città, se ne contano quasi centomila di nazionalità italiana, ai quali è bene aggiungere i naturalizzati e i discendenti di migranti, legati i primi all’immigrazione recente, gli altri a trasferimenti molto più antichi”.
Greca d’origine, per buona parte di sangue italiano e più in generale mediterraneo, Marsiglia resta ancor oggi visceralmente restia a ogni rigida assimilazione gallocentrica.
In comune con le altre perle portuali del Mediterraneo, da Istanbul a Tangeri, da Barcellona a Beirut, Marsiglia non ha solo una storia economica legata al traffico marittimo.
Le ferite della guerra d’Algeria aprirono una fase segnata da un fitto intreccio cittadino di radici familiari extraeuropee e in particolare maghrebine. È soprattutto questo caleidoscopio d’influenze ed accenti, questo laboratorio antropologico mediterraneo, cugino di quello palermitano esaltato da Léopold Senghor, che ha favorito una proliferazione di contaminazioni sociali, di iperconnesioni sociologiche. Marsiglia possiede un centro storico rimasto lo scrigno di una certa anima popolare, crogiolo di culture.
Tale capillarità è minuziosamente ma non didascalicamente descritta dalle tele toccate dal colore acrilico di Marco Angelini, artista sociologo di formazione, che, completamente scevre da forzature e obblighi interpretativi e adempiendo perfettamente alla logica astrattista, raccontano una commistione visiva e ideologica al contempo, la coesistenza e la coesione di culture e sottoculture differenti.
La capillarità è, per scientifica definizione, l'insieme di fenomeni dovuti alle interazioni fra le molecole di un liquido e un solido sulla loro superficie di separazione. Le forze in gioco che si manifestano in tale fenomeno sono la coesione, l'adesione e la tensione superficiale. Le campiture piatte di Angelini accolgono, divenendo habitat colorati, macchie che tendono alla circolarità benché informi, fluide, in un continuo divenire; questi elementi coabitano con elementi più netti, forme più precise, che rimandano ad un infinitesimo rapporto spazio-temporale tra macro e micro, tra la collettività e l’individuo, tra le collettività stesse e vicendevoli. Il titolo della mostra, Rhizomes, facilmente suggerisce l’idea di migrazione come felice estensione, rigoglioso ideale rigonfiamento e dunque crescita, espansione evolutiva esponenziale e continua; la metafora del rizoma è stata adottata da Gilles Deleuze e Félix Guattari per caratterizzare un tipo di ricerca filosofica che procede per multipli, senza punti di entrata o uscita ben definiti e senza gerarchie interne: ecco che alle macchie di colore informi e accoglienti delle tele si affiancano i cuori idealmente pulsanti in gesso colorato, simbolo di vita pulsante, la stessa vitalità, lo stesso moto, si ritrova nei calzini che si affrancano alle tele colorate, lapalissiani simboli delle ondate migratorie, d’un’inesorabile deriva evolutiva che in modo irreversibile e granitico s’innesta nella storia del territorio.
Il progetto espositivo, a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci, si propone d’indagare il rapporto identità-migrazione in relazione alla storia del luogo che lo ospita, nonché l’impatto e il ruolo della cultura italiana all’estero.
Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci
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Con la serie Rhizomes, composta da dieci opere a tecnica mista su tela di formato 30x30 cm, ho voluto affrontare il tema della migrazione intesa come movimento e diramazione di culture. La mia ricerca si è concentrata sul concetto di melting pot, sulla fusione e sulla continua trasformazione che caratterizzano i processi migratori.
Sulle tele, il colore acrilico si mescola con diversi oggetti, dando vita a superfici ibride che riflettono la complessità dei fenomeni sociali che intendo evocare. Questo intreccio di materiali e linguaggi visivi rimanda al modo in cui identità e culture si contaminano, si trasformano e generano nuove forme di espressione.
Il titolo della serie, Rhizomes, rimanda a un’idea di radicamento non gerarchico, di crescita rizomatica, orizzontale, che suggerisce la migrazione come estensione vitale, come possibilità di espansione e di evoluzione. Non ho cercato di descrivere un fenomeno chiuso, ma piuttosto di restituire la sua fluidità, la sua capacità di mutare e di generare nuove connessioni.
L’intero progetto si lega in modo diretto al contesto della città che lo ospita: Marsiglia. Questo luogo, con il suo centro storico ancora custode di un’anima popolare, si è affermato nel tempo come crocevia di culture, un vero crogiolo in cui tradizioni e comunità diverse hanno trovato terreno comune. Marsiglia incarna in sé la proliferazione di contaminazioni sociali e di connessioni sociologiche che volevo portare sulla tela.
Ogni opera affronta una sfaccettatura di questi processi: dal rapporto tra identità e verità (Il rapporto con la verità, Identità) ai temi legati alla dimensione geopolitica e sociale (Le sorti dell’Europa, Terzo mondo), fino agli aspetti più intimi e personali della migrazione (Lasciando la mia terra). Altri lavori si concentrano invece sulle trasformazioni culturali e materiali, come in I nuovi oggetti di consumo o Sottoculture, mentre opere come Monito e Melting pot sottolineano la tensione, ma anche la potenzialità, insita nei processi di incontro e mescolanza.
Con Rhizomes ho cercato di restituire la migrazione non come trauma o perdita, ma come processo dinamico che genera movimento, fluidità e nuove possibilità di convivenza.
Marco Angelini
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