Quando nel 2016 ho iniziato a lavorare alla serie Gold Paintings, ho sentito l’urgenza di misurarmi con un materiale che da sempre porta con sé una doppia valenza: da un lato il sacro, la spiritualità, la preziosità; dall’altro l’ostentazione, il consumo, la ricchezza materiale. L’oro, nelle mie tele, non è mai pura decorazione, ma si fa linguaggio ambivalente, soglia tra visibile e invisibile, riflesso e opacità, rivelazione e illusione.
Ogni titolo della serie è un indizio, un invito a superare l’apparenza scintillante per cogliere significati più profondi. Synthetic nature nasce da una riflessione sul nostro tempo, in cui il confine tra ciò che è naturale e ciò che è artificiale si è fatto sempre più labile, fino a dissolversi. Energia cinetica è invece un omaggio astratto al movimento, alla fisica nascosta che governa le cose, mentre in Palio della capra d’oro ho scelto di evocare le manifestazioni popolari, con la loro vitalità collettiva, i contrasti e le ritualità che resistono al tempo.
Con Cane a rotelle ho voluto restituire un’immagine di resilienza: la capacità di vivere e gioire nonostante i limiti, trasformando la fragilità in forza. Allo stesso modo, in Geografie vitali, la foglia d’oro attraversata da venature che ricordano cellule o reti linfatiche diventa una mappa preziosa della biodiversità, fragile e al contempo indispensabile. In Nido minerale la materia stessa si incrina, la superficie si screpola come roccia antica, ma custodisce ancora la possibilità di vita: un’eco ancestrale, un grembo dove la fertilità non si è spenta, ma attende di riaffiorare.
Infine, Colosseo di notte è un omaggio alla memoria dei luoghi, alle architetture che ci sopravvivono, stratificando storia e identità. Qui l’oro si unisce al buio, restituendo non solo la monumentalità del simbolo, ma anche il suo silenzio e la sua vulnerabilità.
In questa serie ho cercato un equilibrio tra luce e materia, tra simbolo e narrazione. L’oro non è mai solo splendore, ma diventa specchio critico: rimanda tanto al sacro quanto all’effimero del consumo, tanto alla forza della vita quanto alla sua precarietà. Queste opere nascono come mappe interiori e collettive, paesaggi al confine tra scienza, natura, memoria e mito.
Marco Angelini
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