Lo spazio del sacro,
installazione, 150×150, 2013
Lo spazio del sacro è
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Lo spazio del sacro,
installazione, 150x150, 2013
Lo spazio del sacro è un’installazione che si articola come una mappa simbolica, un luogo meditativo in cui il corpo, la spiritualità e l’energia si intrecciano. Al centro della composizione, una griglia di specchi riflette e moltiplica la presenza di grandi cuori bianchi in gesso, ognuno accompagnato da un oggetto appartenente a diverse tradizioni religiose: una Bibbia, alcune kippoth ebraiche, un calice cattolico, una campana tibetana, delle candele ortodosse, un tappeto di preghiera musulmano.
Attorno a questi cuori, come reliquie sospese, sacchi contenenti carbone vegetale: materia viva, oscura e carica di potenziale trasformativo. Il carbone – residuo e risorsa, combustione e nutrimento – diventa metafora dell’energia vitale e spirituale che ogni religione custodisce e trasmette, al di là delle forme e dei dogmi.
L’opera costruisce così un percorso sincretico e laico, dove il sacro si manifesta nella diversità dei linguaggi, nell’universalità del cuore come centro emotivo e simbolico, e nel fuoco come principio comune di vita, memoria e trascendenza. Lo spazio del sacro non propone una sintesi, ma un ascolto: un invito a riconoscere l’altro attraverso il battito condiviso dell’umanità.
Sette battiti - fedi in ascolto
installazione, 150x120 cm, 2013
L’opera si configura come un luogo sospeso tra materia e spiritualità, in cui simboli religiosi, anatomia e riflessi si intrecciano in un gesto di apertura verso l’altro. Una parete specchiante accoglie un tappeto di preghiera musulmano, su cui si adagiano dieci kippoth ebraiche. A questi elementi si affiancano sei cuori anatomici in gesso bianco e un cuore in bronzo, fulcro simbolico e pulsante della composizione.
Il titolo allude tanto alla presenza fisica dei cuori quanto alla tensione interiore verso l’empatia e il dialogo. Ogni battito rappresenta una voce, una fede, un'identità, non in competizione, ma in ascolto reciproco. Lo specchio non riflette solo chi osserva, ma diventa spazio di risonanza e riconoscimento, invitando lo spettatore a riconoscere l’umanità condivisa oltre le differenze.
In un tempo in cui la convivenza tra culture e religioni è spesso messa in discussione, l’installazione propone una visione altra: quella di una multireligiosità come possibilità, come intreccio vivo di forme, memorie e desideri di appartenenza. Il cuore – organo universale, fragile e potente – diventa allora emblema di una sacralità comune, che pulsa nel silenzio del rispetto e dell’ascolto.
Anatomia dello spirito: cuori del mondo
Installazione con cuori in resina, 150x120 cm, 2013
In questa installazione composta da sei cuori a dimensione naturale cristallizzo in resina simboli materiali appartenenti a diverse tradizioni religiose: un calice e una Bibbia per il cattolicesimo, candele per l’ortodossia, una campana per il buddhismo, un tappeto di preghiera per l’islamismo e un cappello haredi per l’ebraismo.
Ogni cuore custodisce al suo interno un oggetto, come se fosse una reliquia del sacro, un frammento di fede incorporato nella materia viva. L’opera assume così la forma di una mappa anatomica del credere, in cui spiritualità e corpo si fondono, superando confini geografici e dottrinali.
La resina diventa strato di memoria, tempo sospeso, pelle trasparente che protegge e rende visibile ciò che solitamente è invisibile: la possibilità concreta di un dialogo tra culture, spiritualità e visioni del mondo.
In un tempo segnato da tensioni identitarie e conflitti, si propone la multireligiosità come orizzonte fertile e necessario per le società contemporanee.
Un’opera che invita a guardare dentro, oltre la superficie, per ritrovare, nel cuore, la traccia più profonda del nostro essere nel mondo.
Nell’opera ho voluto trovare un equilibrio tra forma organica, oggetto simbolico e spazio espositivo.
I cuori in resina diventano quasi reliquiari, sospesi tra biologia e spiritualità, con un'estetica che evoca tanto la scienza medica quanto il mistero sacro.
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Serie Anatomia del sacro
3 opere su tela con cuore in gesso
Con la serie Anatomia del sacro, ho deciso di esplorare
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Serie Anatomia del sacro
3 opere su tela con cuore in gesso
Con la serie Anatomia del sacro, ho deciso di esplorare il cuore umano non solo come organo pulsante, ma come luogo simbolico dell’identità, della memoria e della relazione. Attraverso l’assemblage di cuori anatomici su piccole tele, trattate come reliquiari contemporanei, la mia opera diventa un gesto di ricucitura tra corpo e spirito, tra biologia e trascendenza.
I colori — turchese, grigio, verde — non sono solo scelte cromatiche, ma veicoli di significato. Il turchese di Radici del respiro richiama l’elemento aria e l’atto vitale del respirare, collegandolo alle origini profonde del vivere. Il grigio di Liturgia del battito evoca la sacralità del ritmo cardiaco, come una preghiera interiore che scandisce il tempo dell’esistenza. Il verde di Carta di soggiorno allude alla condizione precaria e migrante della vita stessa, che chiede riconoscimento, accoglienza, diritto d’asilo nel mondo.
Queste opere si pongono come frammenti sacri in un tempo desacralizzato, moniti silenziosi a riconoscere la dignità della vita in ogni sua forma, oltre ogni confine culturale, geografico o spirituale. Il cuore, materia e simbolo, si fa custode di una spiritualità incarnata: fragile, ma essenziale per la sopravvivenza etica del nostro tempo.
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Serie cuori di memoria
La serie Cuori di memoria intreccia materia e simbolo, corpo e spirito, in un dialogo visivo e poetico
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Serie cuori di memoria
La serie Cuori di memoria intreccia materia e simbolo, corpo e spirito, in un dialogo visivo e poetico con l’idea di sacralità incarnata. Quattro opere – su carta e su tela – ospitano cuori anatomici applicati come segni vitali, concreti e universali. Ogni cuore è attraversato dal tempo: cristallizzato su supporti che custodiscono tracce di memoria visiva e sonora (Memoria video e Memoria audio), o inscritto nel ritmo primordiale della vita (Battito fetale e Soffio vitale).
Con questa serie l’idea è di comporre una sorta di mappa emotiva e sensoriale, dove i media analogici (negativi fotografici, nastri magnetici) diventano reliquie del vissuto e del sentire. Il cuore, organo fragile e potente, assume una dimensione sacrale, eco dell’umano e del cosmo, punto d’incontro tra biologia e trascendenza, intimità e memoria collettiva.
In linea con il tema della mostra Spazio del sacro. Ecologia integrale, le opere invitano a riflettere sul legame tra corpo e ambiente, tra interiorità e responsabilità verso il vivente, in una visione olistica e profondamente umana dell’arte.
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Frammenti per una Nuova Preghiera: geometrie della Tolleranza
è una serie di dieci opere su tela (25×20 cm), in cui tappeti di preghiera musulmani in miniatura, provenienti dai suk di Abu Dhabi, vengono applicati, in
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Frammenti per una Nuova Preghiera: geometrie della Tolleranza
è una serie di dieci opere su tela (25x20 cm), in cui tappeti di preghiera musulmani in miniatura, provenienti dai suk di Abu Dhabi, vengono applicati, in parte tagliati, su superfici pittoriche geometriche. Le cromie dei dipinti dialogano con le texture dei tessuti, esaltandone motivi e simboli.
E’ un progetto che parlando di viaggio, spiritualità e memoria culturale apre a una riflessione importante su trasformazione, rigenerazione e accoglienza del pluralismo spirituale.
Le opere sembrano porsi come rito laico di cucitura tra frammenti di fede e gesto artistico dando nuova forma al sacro attraverso l’astrazione e la materia vissuta.
Il tappeto, oggetto sacro e quotidiano, qui perde la sua interezza formale ma non il suo valore spirituale: attraverso il gesto artistico, si rigenera in un nuovo linguaggio visivo. I frammenti non denunciano la perdita, ma diventano segni di rinnovamento e accoglienza spirituale, aprendo lo spazio dell’opera a una riflessione più ampia sulla multireligiosità e sul bisogno contemporaneo di convivenza tra fedi e culture diverse.
Ogni tela è un altare astratto, una soglia che unisce estetica e etica, tradizione e trasformazione, offrendo una visione poetica di fede come processo e non come rigidità.
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Siddurim – Resti dei Libri di Preghiera
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Siddurim – Resti dei Libri di Preghiera
I frammenti dei libri di preghiera, rinvenuti nel ghetto di Białystok, sono rimasti per oltre 80 anni nell’edificio della vecchia sinagoga. Un luogo che, un tempo, era il cuore pulsante della vita spirituale della comunità ebraica locale e che oggi ospita una galleria d’arte contemporanea e la sede della Cultura Ebraica. Nonostante la trasformazione, lo spazio mantiene il suo significato profondo di testimone vivente della storia e memoria di coloro che cercavano rifugio e speranza, ma le cui vite furono drammaticamente stravolte dagli eventi tragici della guerra.
I resti di quei libri, con le pagine strappate e i frammenti di carta che sono riusciti a sopravvivere, sono diventati parte integrante di un’opera d’arte realizzata dall'artista Marco Angelini utilizzando i resti originali donati dalla Galleria Sleńdzińskich, provenienti dalla Sinagoga Cytron di Białystok, situata in via Waryńskiego 24A.
I resti dei libri di preghiera Siddurim, pur nella loro frammentarietà, sono il simbolo di speranza, fede, ma anche di sofferenza e perdita. Continuano a parlare, a raccontare le storie di chi non è riuscito a sopravvivere a causa delle barbarie della seconda guerra mondiale e di chi, come noi, non li ha dimenticati. I loro frammenti restano come un monumento alla memoria collettiva.
Jan Kozaczuk
Sidury – Szczątki Modlitewników
Fragmenty modlitewników, które odnaleziono na terenie getta w Białymstoku, przez ponad 80 lat spoczywały w budynku dawnej synagogi. Miejsce, które niegdyś stanowiło centrum życia duchowego społeczności żydowskiej, dzisiaj pełni rolę współczesnej galerii sztuki, będącej siedzibą Kultury Żydowskiej. Mimo zmiany funkcji, przestrzeń ta wciąż zachowuje głęboki symbolizm: jest żywym świadkiem zbiorowej pamięci, miejscem, które pamięta tych, którzy szukali w nim schronienia i nadziei, ale których losy zostały tragicznie przerwane przez wydarzenia wojenne.
Szczątki tych modlitewników, zniszczone kartki i fragmenty papieru, które udało się ocalić, stały się częścią współczesnej twórczości artystycznej. Praca, stworzona przez artystę Marco Angeliniego, została wykonana z oryginalnych obiektów przekazanych przez Galerię im. Sleńdzińskich, pochodzących z Synagogi Cytronów w Białymstoku, mieszczącej się przy ul. Waryńskiego 24A.
Sidury, mimo swojej fizycznej fragmentaryczności, stanowią symbol nadziei, wiary, ale także cierpienia i straty. Przerwane przez okrucieństwo II wojny światowej, ich resztki nadal przemawiają, opowiadając historie tych, którzy nie przeżyli, oraz tych, którzy, jak my, nie zapomnieli.
Jan Kozaczuk
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Installazione site specific
Cuori del loto / Cuori dormienti. L’invisibile che connette
Nella sala principale del Museo
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Installazione site specific
Cuori del loto / Cuori dormienti. L’invisibile che connette
Nella sala principale del Museo Archeologico, un’installazione sospesa trasforma lo spazio espositivo in un luogo di contemplazione silenziosa e simbolica. Una fitta rete di fili di lana, tesi tra una ringhiera e l’altra come una ragnatela, avvolge lo sguardo e invita alla riflessione.
Al di sotto, antichi reperti archeologici giacciono come testimoni di civiltà scomparse; sopra, adagiati con una leggerezza quasi irreale, cuori anatomici colorati — a grandezza naturale — riposano, dormienti, come sospesi tra memoria e presente. Tra di essi, fiori di loto si posano sulla ragnatela di lana, richiamando la purezza e il risveglio spirituale propri del buddhismo del Sutra del Loto, cardine della filosofia Soka Gakkai.
La lana, materiale vivo, organico, caldo, tesse relazioni tra tempo umano e tempo naturale, tra passato remoto e fragilità contemporanea. La ragnatela, delicata e resistente al tempo stesso, diventa metafora di ciò che ci connette: legami invisibili tra gli esseri viventi, tra cultura e natura, tra l’umano e il sacro.
I cuori dormienti rappresentano l’essenza della vita, ma anche la sua vulnerabilità: la necessità di cura, di silenzio, di ascolto. Sono simboli di un'umanità che riposa — forse ferita, forse in attesa — in bilico tra l'oblio e la rigenerazione.
In questo dialogo tra materiali morbidi e materiali duri, tra carne simbolica e pietra millenaria, l’opera invita a riscoprire la centralità del sentire in un’epoca dominata dal rumore. Il cuore, nel suo aspetto anatomico e nella sua resa cromatica, si fa icona sacra e universale, oltre le culture e le religioni. Dorme, ma è pronto a risvegliarsi. Respira con il ritmo lento della terra e della storia.
L’opera si inserisce pienamente nel progetto Lo spazio del sacro. Ecologia integrale, evocando il bisogno di un nuovo equilibrio tra spiritualità e materia, tra memoria e visione, tra rispetto per la vita e riconnessione con il sacro che permea ogni forma, anche la più fragile. In questo spazio di sospensione, ciò che è invisibile diventa palpabile. Il filo si fa relazione. Il cuore, custode di senso.
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